‘AB INFINITE 1’, L’OPERA IN DIVENIRE DI ANDREA BONACETO CON DART MILANO ALLA PERMANENTE

MANINTOWN, May 24, 2022

È l’ultima installazione che porta la firma di Andrea Bonaceto, da pochi giorni esposta al Museo della Permanente di Milano. Il titolo AB Infinite 1 – oltre a richiamare le iniziali dell’artista – fa riferimento all’NFT reportage della vita dell’artista, un viaggio immersivo che va ab infinito, all’origine (simboleggiato dal numero 1), in cui il pubblico diventa parte integrante dell’opera, attraverso le sue interazioni operate registrando il proprio account sul sito web www.abinfinite1.com e includendo sui propri canali social Instagram e Twitter l’hashtag #abinfinite1. Un approccio interattivo rivoluzionario che fonde le esperienze quotidiane degli utenti con l’opera d’arte di Bonaceto, grazie al sistema della blockchain Algorand.

 

L’opera, presentata per la prima volta a Londra il 16 maggio in un’installazione interattiva che ha avvolto interamente l‘esterno dell’edificio del flagship store di Flannels a Oxford Street, si trova adesso in esclusiva in Italia, grazie al supporto di DART, per poi continuare il suo tour in giro per il mondo ed infine essere battuta all’asta. AB Infinite 1 rappresenta in maniera esplicita e concreta la filosofia dell’artista, nella sua visione democratica e inclusiva in cui tutti proveniamo dalla stessa fonte e nel valore dell’opera d’arte come espressione di un ciclo vitale in continuo mutamento, alimentato dall’ideatore quanto dal suo fruitore.

 

Gli abbiamo posto qualche domanda, per conoscere più da vicino il suo punto di vista su una società in rapida evoluzione.

 

Intervista all’artista Andrea Bonaceto

Come e perché sei arrivato a realizzare opere NFT?

 

È stato un processo molto organico e naturale. Ho cominciando lavorando su carta da stampante con matite e pennarelli. Successivamente, sono passato a colori acrilici su tela e cartoncino. Dopo essermi reso conto che i colori acrilici hanno una forte uniformità cromatica, ho pensato che il medium digitale potesse rendere giustizia alle mie idee. Ed è successo nel 2019 e 2020, i primi anni in cui gli NFT cominciavano ad affacciarsi sul mondo dell’arte. Ho subito compreso la portata del cambiamento apportata da questa nuova tecnologia, è stato allora che ho realizzato le mie prime opere NFT.

 

Ci racconti il tuo rapporto tra arte fisica e digitale? ti servi di entrambe e le fai convivere o preferisci lavorare direttamente in digitale?

 

Lavoro sia nell’ambito dell’arte fisica che di quella digitale. Le mie prime opere acriliche sono state una serie di paesaggi astratti e 33 ritratti di amici e familiari. Tuttora alterno opere digitali ad opere fisiche. Mi piace la dimensione plastica della creazione dell’opera fisica, in cui il colore si può toccare con mano ed ha uno spessore. L’opera fisica però non permette una rappresentazione su larga scala e non ha quella dinamicità che può avere il corrispettivo digitale. Interpreto l’NFT come un altro strumento creativo che mi permette di rendere l’opera digitale ancora più unica, potendo farla influenzare da ogni tipo di input a mia discrezione.
In sintesi, sia il mondo fisico che digitale sono interessanti per me. Entrambi hanno le loro peculiarità e caratteristiche. Ma è molto importante per me spaziare fra questi due mondi. Lavorando su una dinamicità che offre continuamente nuovi spunti creativi. 

 

In che modo è cambiato il rapporto col mercato e le gallerie?

 

Le gallerie hanno sempre un ruolo importante ma quello che è cambiato è il rapporto di forza fra la galleria e l’artista. Nell’ambito digitale NFT gli artisti hanno la possibilità di avere un contatto diretto con i loro collezionisti. La galleria in questo caso non è più la sola garante delle interazioni con i collezionisti, ma è l’artista stesso a costruire il suo rapporto diretto con il suo pubblico. Il ruolo della galleria, quindi, diventa quello di ampliare questo gruppo di interesse che già l’artista ha, ed elevare il suo profilo sia da un punto di vista di visibilità che concettuale.

 

Quali sono i metaversi con cui preferisci lavorare e per quale motivo?

 

Il metaverso io lo definisco come un mondo digitale basato sul database decentralizzato della blockchain, in cui è possibile interagire con tutto ciò che ci circonda, come facciamo nella vita di tutti i giorni nel modo reale. Fra i metaversi di prima generazione menzionerei Somnium Space, che permette anche un’esperienza di realtà virtuale, ma anche Decentraland e Cryptovoxels. Non ho lavorato direttamente con loro, ma diverse mie opere sono costantemente esposte in questi ambiti. 


Qualche mese fa, ho avuto la possibilità di collaborare con un piccolo metaverso focalizzato principalmente sul settore dell’arte che si chiama Arium: lì ho creato la mia galleria personale sotto forma di una piramide bianca, con la punta dorata, e ho invitato alcuni miei collezionisti a visitarla per vedere le mie opere. Da un punto di vista grafico è un’esperienza ancora embrionale, però è stato interessante sperimentare.


Un metaverso di seconda generazione che prova a migliorare molto il lato grafico è ad esempio Mona Gallery. Dobbiamo anche osservare da vicino grandi società come Epic Games, Meta e altre che stanno lavorando al loro metaverso. La mia speranza è che queste esperienze, che hanno sicuramente un grande valore da un punto di vista grafico e di facile utilizzo, mantengano l’ethos di decentralizzazione e trasparenza proprio della tecnologia blockchain.

 

Come immagini un futuro nell’arte in evoluzione, visto dove siamo arrivati in questo momento?

 

Gli NFT e la blockchain costituiscono il cambio di paradigma più importante della nostra generazione. L’arte è solo la punta dell’iceberg di questo cambiamento, verrà sublimata verso una dimensione più politica e sociale. In un mondo in cui automazione, robotica ed intelligenza artificiale stanno crescendo in maniera esponenziale, dobbiamo strutturare una società in cui gli individui esistono per quello che veramente sono, in maniera autentica. 


Questo è il compito dell’arte – liberare l’individuo dalle sovrastrutture imposte dalla società in un modello preistorico, che vuole ognuno di noi vivere in una dimensione puramente operativa, unidimensionale e non autentica, con l’unico scopo di ricoprire una certa mansione all’interno della società. Già oggi, e sempre di più in futuro, queste mansioni verranno prese in carico dall’automazione che robotica ed intelligenza artificiale porteranno. Questa non è una mia opinione ma un dato di fatto. 


Quindi voglio immaginare un futuro in cui l’arte è un mezzo e non un fine. Viviamo già una fase in cui interpretare l’arte solo come un fine è anacronistico. Arte vuol dire essere coerenti con se stessi – è lo strumento attraverso il quale gli individui possono ottenere gradi sempre maggiori di libertà, che io credo sia il fine più alto dell’essere umano. NFT e blockchain sono solo un mezzo per velocizzare questo cambiamento già in atto.